Paul
Gudgin, che ha retto per ben otto anni il timone di uno dei più
straordinari festival del teatro nel mondo, il Fringe Festival di
Edinburgo, lascia. I risultati della sua conduzione sono eccezionali ed
il Fringe gli rende merito con un comunicato stampa di cinque pagine.
Gudgin approda al Fringe nel 1999, dopo aver diretto il festival di Bury
St Edmunds ed il Queen’s Hall di Edinburgo. La gestione Gudgin potrebbe
essere raccontata attraverso il sistema di biglietteria inventato ed il
numero di biglietti venduti. Nel 2000 il Fringe diventa la prima
organizzazione artistica ad adottare un sistema di vendita di biglietti
in grado di determinare in tempo reale una classifica di gradimento.
Nel 2001 il Fringe lancia il 2x1 e la vendita dei biglietti cresce del 226% nel week-end di apertura del festival. Nel 2003 il Fringe raggiunge la cifra di un milione di biglietti venduti. Nel 2006 il Fringe vende 1.5 milioni di biglietti, quasi il doppio del numero di biglietti venduti dieci anni prima. Ma fermarsi qui sarebbe riduttivo. In realtà il Fringe festival di Paul Gudgin è il luogo dove si incontra il teatro: solo nel 2006 sono stati rappresentati, nel volgere di tre settimane, ben 1867 spettacoli, con il coinvolgimento di 261 spazi teatrali (venues), per un totale di 28.014 rappresentazioni. Paul Gudgin ha cercato di interpretare al meglio il principio su cui si fonda il Fringe di Edinburgo, ovvero quello di consentire a chiunque di prendere parte al festival. Così nel corso di questi anni Edinburgo ha visto approdare nelle sue venues artisti di ogni nazionalità, pezzi teatrali di ogni genere, spesso di grande attualità, artisti da strada, attori emergenti, studenti. Nessuno è mai stato escluso. E a determinare il successo di una o dell’altra rappresentazione è sempre stato chiamato il pubblico. Così come fu il pubblico a decretare la nascita di questo festival nel lontano 1947, allorquando otto gruppi teatrali, che non erano stati ammessi nell’allora unica rassegna teatrale di Edinburgo, l' Edinburgh International Festival, decisero di portare comunque in scena i loro lavori in spazi non ufficiali. Il giornalista Robert Kemp dell’Evening News per descrivere ciò che stava accadendo al margine del festival ufficiale coniò il termine Fringe.
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