E’ un vero e proprio countdown. Quanti giorni, ore e minuti ci separano dall’inizio del 60° Edinburgh International Film Festival. Basta dare un occhiata al sito ufficiale della manifestazione www.edfilmfest.org.uk: 29 giorni, 7 ore e una manciata di minuti. Ed è Eiff. Evento nell’evento che si svolge in una città in grado di offrire nell’arco di soli venti giorni sei festival contemporanei, alcuni dei quali ormai divenuti delle vere e proprie mete irrinunciabili dei viaggiatori europei, come il Fringe Festival, festival dedicato al teatro, e il book festival, il festival del libro. Così da inviati per varie stagioni di Kayenna.it (www.kayenna.net) introducevamo Edinburgo 2006. In questo blog una raccolta di articoli, impressioni, suggestioni suscitate da una città che abbiamo vissuto in ogni suo più scottish aspetto.

venerdì 2 novembre 2012

Edinburgo 2006: come è cambiato il Fringe

foto di B. Benocci, D. D'Onofrio
Nel lontano 1947 nasceva il Fringe Festival di Edinburgo ad opera di un piccolo gruppo di teatranti che, esclusi dalla rassegna di Teatro Internazionale, diedero vita ad una rassegna alternativa, per lo più ospitata in piccoli spazi poco o per nulla teatrali, le future venues. Tre le condizioni indicate per potervi prendere parte: le compagnie partecipavano liberamente, si esibivano in spazi non convenzionali, sopportavano i costi di partecipazione e il rischio finanziario, poiché il successo o l’insuccesso era decretato esclusivamente dal pubblico.
Nel corso degli anni, specialmente degli ultimi cinque anni, il Fringe ha assunto proporzioni gigantesche al punto che molte venues sono diventate SuperVenues. Queste ultime danno vita a propri programmi teatrali che possono essere considerati dei
fringe tematici all’interno del Fringe.
Per dare un’idea di ciò che il Fringe rappresenta, oggi, nel panorama teatrale internazionale, ricordiamo i numeri del 2006: 1867 rappresentazioni teatrali (di cui il 32% teatro, il 27% commedia, 21% musica, il 4% spettacoli per bambini, teatro danza ed eventi), 261 venues coinvolte.

Se da un lato il Fringe rimane fedele al suo principio, ovvero consentire a chiunque di prendere parte al Festival teatrale senza alcuna selezione, dall’altro proprio questa grande libertà è diventato il suo limite maggiore, poiché data l’enorme mole di offerta teatrale diventa quasi impossibile seguire gli eventi. La stessa guida del Festival non è che un elenco infinito di titoli di spettacoli suddivisi solo per categorie tematiche (teatro, musica, commedia etc.). Così chi non vuole perdere tempo si rivolge alle Supervenues: per le nuove produzioni teatrali al Traverse, per la comedy al Pleasance Dome e Pleasance Courtyard e così via. Oppure ci si affida alle testate giornalistiche (the Scotsman, The Guardian, The Herald, The List, Three Weeks etc.) che seguono con grande attenzione il festival, ma anche qui la scelta non è semplice. Le stesse testate tendono ad avere specifiche preferenze di genere teatrale.

La sensazione generale è che vi siano, attualmente, troppi gruppi teatrali, troppe venues, troppo buon lavoro teatrale che rimane senza pubblico. Sembra difficile che si ripeta oggi ciò che era ancora possibile nel 2000, quando uno sconosciuto gruppo teatrale, gli Spymonkies, sbancò il Fringe grazie al solo passaparola.

Sembra così ancora valido un vecchio metodo edinburghese: recarsi sulla Royal Mile, dove i gruppi possono promuovere il proprio lavoro teatrale recitandone un pezzo, e scegliere secondo il proprio gusto. Il criterio potrà sembrare farraginoso, ma il risultato è più che apprezzabile, perché spesso ci si imbatte in gruppi teatrali esordienti e ricchi di talento.

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